Con questa campagna dedicata ai papà, Dove dimostra ancora una volta di saperci fare con il “marketing delle emozioni”.

Emozioni, sì, ogni volta che sento pronunciare la parola “papà” a Mattia un’emozione diversa mi pervade.

Fin dalla prima volta (e sì, la sua prima parola è stata PAPA’! :D), ogni giorno, anche se la sento 100 volte, mi sorprende sempre come quattro semplici lettere possano essere così cariche di emozione.

E tra poco arriva Alessia… ❤

 

Ti sforzi di “educare” i tuoi figli cercando sempre la via più giusta per loro, di fargli capire i tuoi no, di spiegargli le cose e di portare avanti la teoria delle 3P dell’educazione.

Poi rischi di finire in mano a gente come quella del video qui sopra, che si prende l’onere e l’onore di distruggere ciò che tu fai e di terrorizzarti se non rovinarti un figlio.

Brividi.
Rabbia.
Sgomento.

Perchè non si lavora a livello istituzionale per obbligare TUTTE le scuole di ogni ordine e grado ad avere telecamere di sicurezza sottoposte al controllo delle forze dell’ordine?

#daddyness

La aspettavamo (non con ansia) ed è arrivata anche per MattiMatti… la famigerata fase dei perchè! 🙂

Se siete genitori di bimbi che hanno almeno 2/3 anni sapete benissimo a cosa mi riferisco. Altrimenti potete guardare il video qui sopra e lo capirete (ma guardatelo anche voi genitori espertissimi, perchè vi farà ridere tanto).

Da qualche settimana MattiMatti si comporta proprio come la bimba del video: una serie interminabile di “perchè” che ti strema…

Perchè i bambini fanno così? Per vari motivi: iniziano ad avere proprietà di linguaggio, curiosità, cognizione di causa e, per farsi importanti agli occhi dei genitori, fanno ripetute domande. Spesso non gli interessa affatto il “perchè” che stanno chiedendo, ma lo chiedono solo per interagire, ricevere attenzione e “farsi belli”. 🙂

Per questo motivo, io vorrei tanto riuscire a comportarmi come il papà del video (ah sono attori, eh… si tratta di una sit-com americana ;)), ma spesso mi accorgo di non riuscirci. Dopo 7/8/10 perchè, mi arrendo e cerco la via di fuga.

Anche in questo caso la P di pazienza (ricordate le 3P dell’educazione dei figli?) è quella che serve più di tutte.

Le 3P dell’educazione: presenza, parola e pazienza

Essendo “uomo di marketing” spesso mi è capitato di avere a che fare con le famose 4P del marketing mix (Product, Price, Place, Promotion).

Ieri riflettevo sul fatto che le P c’entrano tanto anche nell’educazione dei figli, ma in questo caso ne citerei solo 3: Presenza, Parola, Pazienza.

3p-educazione

Della Presenza ho scritto in uno dei mie primi post dove spiegavo che, secondo il mio parere e la mia esperienza, è importante quanto tempo si dedica ai figli, ed è altrettanto importante la qualità del tempo che gli dedichiamo. Fondamentale comunque è che i nostri figli sappiano che noi genitori “ci siamo” qualsiasi cosa accada e qualsiasi cosa possano fare. Anche la più brutta. Non vorrei mai che mio figlio mi nascondesse qualcosa per timore che quel qualcosa possa portarlo lontano da me (non per forza in senso fisico).

Della Parola scrivevo l’altro giorno… parlare ai propri figli, spiegargli il perchè di certe scelte, dei sì come dei no, pur nella consapevolezza che al momento non comprenderanno, è fondamentale. Parlargli per spingerli a parlarci, invitarli a chiedere piuttosto che a frignare, fargli raccontare le cose che scoprono, aiutarli a razionalizzarle… è un duro percorso, ma va intrapreso con convinzione.

Last but not least, Pazienza… di questa non ho ancora scritto. Probabilmente tra le tre è la P più importante, sicuramente (almeno per me) la più faticosa. La stanchezza delle mie giornate mi porta a perderla troppo facilmente, e se perdi la pazienza anche la Presenza e la Parola diventano più dure. Inizi a pensare di “non sopportare” quel nanetto che non fa altro che frignare da quando si è svegliato e tendi ad “allontanarti” da lui, rinunci a “spiegargli” le cose e a “chiedergli” perchè si sta comportando così e passi… allo scontro. Scontro che ti porta inevitabilmente a sbattere contro una reazione che sarà uguale a quella di partenza ma potenziata in intensità: più pianto, più urla, più frignare. E la pazienza diminuirà ancora di più.

In questi casi bisognerebbe non reagire mai subito ma aspettare, farli sbollire e poi trovare il momento giusto una volta che si sono calmati per fargli sentire la propria Presenza attraverso la Parola. Ma per fare questo ci vuole… Pazienza. 😉

#daddyness

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Auguri papà!

Al mio babbo
un bacio un fiore
al mio babbo tanto amore
tanto amore che parla e dice
che il mio babbo sia felice

Mattia

#daddyness

Auguri papà!

Immagine

“Who’s to know when the time has come around
Don’t want to see you cry
I know that this is not goodbye”

Questa canzone mi ha consolato e mi consola ogni volta che, nella mia vita, ho dovuto o devo dire “arrivederci per sempre” a qualcuno.

In questo video del 2001 Bono la dedica al padre, di cui il giorno prima si era celebrato il funerale.

Lui stesso, in un concerto a Boston qualche mese dopo dirà “This song is about letting go of somebody you don’t want to let go of. Could be a lover. Could be a father. Could a child. Could be a friend.”

Quando sarà, suonatela e cantatela anche al mio funerale.

Ciò che però mi ha spinto a scrivere questo post, oggi, qui su #daddyness, è l’invito di Bono che si sente sul finale. “Talk to each other” (parlate con gli altri) dice con un filo di malinconia, quasi come se si rimproverasse di non aver parlato abbastanza con suo padre.

Non so se è davvero così, ed eventualmente non posso conoscere i motivi di questa mancanza di comunicazione tra loro.

Fin dalla prima volta che ho visto questo video e sentito quella frase, però, mi porto dentro quell’invito… e cerco di metterlo in pratica ogni giorno (al lavoro, in famiglia, con gli amici, etc).

Da quando sono diventato padre poi provo a portarmelo nella relazione con MattiMatti. Da sempre. Anche quando lui non poteva rispondermi. Anche adesso che a volte risponde una cosa per un’altra.

Ma ci parlo.

E spero che lui, crescendo, mi parli sempre.

Di tutto.

#daddyness

Ogni secondo che dedichi (o non dedichi) ai figli è fondamentale

“Non è importante quanto tempo si dedica ai figli, è importante la qualità del tempo che gli dedichiamo.”

Questa frase l’ho sentita tante volte, e sono convinto che contenga una verità di fondo che riguarda la qualità del tempo che dedichiamo ai figli. L’esperienza che sto vivendo con mio figlio, però, mi dice che a contare è anche, se non soprattutto, la quantità di tempo che gli dedico.

tempo

Il tempo che passo con mio figlio durante la settimana si riduce ad un’oretta al mattino (durante la quale ci prepariamo, facciamo colazione e poi andiamo insieme al nido) e ad un paio d’ore la sera (durante le quali giochiamo un po’, guardiamo un po’ di TV, ci prepariamo per la nanna e lui va a letto). Nel weekend passiamo più tempo insieme, ma praticamente sempre insieme alla mamma.

Come tutti i maschietti, MattiMatti è mammone:

  • quando si sveglia al mattino chiama la mamma
  • quando cade piange e grida mamma
  • se la mamma sparisce per 20 millesimi di secondo parte il lamento

Domenica sera, visto che la mamma era stanca (anche per via del pancione), io e MattiMatti siamo andati a fare un giro da soli (cosa che non capita spessissimo). Siamo stati al centro commerciale a cambiare delle cose, abbiamo comprato un bell’esemplare di “Cricchetto” al Disney Store, abbiamo mangiato un bel piatto di pasta e un gelato, etc… poi, dopo quasi tre ore, siamo tornati a casa e lui è andato a letto felicissimo. 🙂

La mattina dopo MattiMatti si è svegliato chiedendo “Dov’è papà?”. Il pomeriggio dopo MattiMatti (che di solito se vado a prenderlo io e non la mamma al nido, si fa venire le convulsioni) ha detto alla mamma “Ma io volevo papà…”. La sera, quando sono rientrato, mi è quasi saltato addosso etc etc…

Tre ore di (ottimo) tempo dedicato (in esclusiva) a lui sono valse almeno un giorno di “supremazia” (si scherza, eh) del papà sulla mamma! Una proporzione sproporzionata! 😀

Morale della favola, io la frase di inizio post la riscriverei così: “È importante quanto tempo si dedica ai figli, ed è altrettanto importante la qualità del tempo che gli dedichiamo.”

#daddyness

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Coerenza carnevalesca

“Hey nanetto guarda che bel vestito da Tigro per la festa di Carnevale!”
“Uff ma io volevo Winnie Pooh…”
(oh cacchio)
“eh ma… se ti vesti da Tigro puoi andare dai tuoi amichetti e spaventarli facendo GRRRRRRRRRRR… invece se ti vesti da Winnie al massimo puoi fare OOOOOOOOH…”
(ehm, ti ho convinto? dimmi che ti ho convinto…)
“…”
“…”
“OK, allora voglio TIGRO!”
(fiuuuuuuuuuuuu!)

#daddyness

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